Oasi WWF Pian Sant'Angelo

autore: A.Ammann (resp.oasi) foto: F.LiVigni, R.Molajoli 

 

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Il Monumento Naturale di Pian S’Angelo si estende su di un’area di 262 ettari, sulla destra orografica della media Valle del Tevere, nei Comuni di Corchiano e Gallese, in provincia di Viterbo.

Il TERRITORIO dell’area protetta è costituito per circa due terzi da aree agricole e per un terzo da boschi; sono presenti alcune forre tufacee, tra le quali una è caratterizzata dalla presenza di pareti rocciose. Rilevante per quest’area è, inoltre, il paesaggio agricolo antico, conservato con tutti i suoi elementi caratteristici e tradizionali, come siepi e alberi isolati, particolarmente importanti per la tutela della biodiversità. La sensibilità della proprietà permette la realizzazione di politiche di tutela importanti: i metodi di conduzione agricola sono orientati al biologicoo, sono state conservate le querce nei campi e sono state impiantate numerose siepi. Le aree boscate sono lasciate alla loro naturale evoluzione, da decenni ormai non sono stati effettuati tagli, nè vengono rimossi gli albero morti. Gli unici interventi sono di tipo naturalistico, volti soprattutto al mantenimento delle radure.

Gli studi effettuati fino ad oggi hanno evidenziato la rilevanza per quanto concerne l’AVIFAUNA sono infatti state segnalate ben 93 specie di uccelli, di cui almeno 72 nidificanti e 35 di interesse conservazionistico. In particolare è noto che negli stati della Comunità Europea è in corso una particolare crisi per quanto riguarda la biodiversità degli ambienti rurali, di cui gli uccelli sono un fondamentale indicatore. Il Monumento Naturale di Pian Sant’Angelo per le sue caratteristiche ambientali può svolgere un ruolo importante nel contrastare questa tendenza, pur tenendo presente le dimensioni ridotte dell’area, che permettono l’insediamento di piccole popolazioni. Proprio per questo motivo la strategia di conservazione che si persegue non si limita ai confini tutelati, ma cerca di espandere i benefici anche alle aree limitrofe. Per fare questo si fa ricorso sia a strumenti di pianificazione del territorio, come la rete ecologica, sia all’incentivo di economie compatibili con la tutela ambientale, come l’agricoltura biologica e l’ecoturismo. I risultati ottenuti sono positivi e si sta assistendo al ritorno o all’incremento di specie che altrove sono in forte calo. Tra queste si possono citare animali noti a tutti come le rondini (Hirundo rustica), che sono sicuramente il simbolo di questo fenomeno in corso, ma che nell’area protetta stanno aumentando significativamente anche altre specie come l’averla piccola (Lanius collurio) e l’averla capirossa (Lanius senator) che hanno ricominciato a nidificare nell’area dopo anni di assenza. Si tratta peraltro di animali per la cui tutela il Lazio riveste un’importanza significativa. Tra i rapaci diurni, sono presenti specie come la poiana (Buteo buteo), il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), il falco pellegrino (Falco peregrinus), lo sparviere (Accipiter nisus), il lodolaio (Falco subbuteo) ed il gheppio (Falco tinnunculus);  il nibbio bruno nidifica lungo il Tevere e viene avvistato occasionalmente mentre l’albanella minore (Circus pygargicus) ed il falco di palude (Circus aeruginosus) sono presenti regolarmente durante la migrazione, periodo in cui è stato segnalato anche il falco cuculo (Falco vespertinus).

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La VEGETAZIONE comprende aree di macchia mediterranea con erica (Erica arborea), corbezzolo (Arbutus unedo), fillirea (Phillyrea latifolia) che si sviluppa soprattutto ai margini delle forre, su suoli poveri e poco evoluti e boschi mesofili con cerro (Quercus cerris), roverella (Quercus pubescens), orniello (Fraxinus ornus), Ligustro (Ligustrum vulgare) che si sviluppano principalmente nel profondo dei valloni caratterizzati da un microclima fresco-umido, ma è anche possibile trovare lembi residuali di boschi di painura. Lungo i corsi d’acqua si osservano consorzi ripariali con ontano (Alnus glutinosa), pioppo tremulo (Populus tremula) e pioppo bianco (Populus alba) nocciolo (Coryllus avellana). I microclimi di forra permettono lo sviluppo di una ricca flora legata agli ambienti di sottobosco umido con numerose specie di felci che crescono sulla roccia vulcanica. Nelle radure in mezzo ai boschi, in primavera, è possibile ammirare la fioritura di molte specie di fiori, come cisti, fiordalisi, anemoni, ciclamini ed orchidee, tra le quali si può citare la Spirantes spiralis autunnalis, l’unica orchidea che fiorisce in autunno, l’Orchis purpurea, la Serapias lingua e la Dactylorhiza romana.

Un ambiente di questo tipo, proprio per la notevole eterogeneità, è particolarmente adatto alla fauna. La presenza di pareti rocciose, corsi d’acqua e stagni completa un mosaico che consente la vita di una notevole comunità animale. Tra i mammiferi sono presenti il gatto selvatico,l’ istrice, il tasso,la martora, la puzzola diverse specie di Chirotteri.Molte delle specie presenti sono a priorità di conservazione ed inserite nelle liste rosse a livello sia nazionale che internazionale. Tra queste è sicuramente da citare il gambero di fiume (Autropotamobius italicus), un’animale particolarmente sensibile all’inquinamento dell’acqua ed alle modifiche ambientali, e che per questo motivo risulta in forte diminuzione ed è considerato vulnerabile a livello globale. Altre presenze significative sono la testuggine comune (Testudo hermanni), anch’essa specie a forte rischio di estinzione, e di numerose specie di anfibi, tra cui la rana italica (Rana italica).

Tomba del  CapoImportantissime sono anche le tracce della frequentazione e dell’insediamento antico dell’UOMO nell’area: l’uomo del Paleolitico Superiore utilizzava come ripari stagionali le “Cavernette Falische”, cavità prodotte dall’erosione prodotta da antichi corsi d’acqua, scoperte dai primi paletnologi agli inizi del XX secolo.
Monumentali e di pregio architettonico le preesistenze etrusco-falische come l’imponente acquedotto di “Ponte del Ponte” che costituisce un notevole esempio di ingegneria idraulica a servizio dell’antico insediamento omonimo e le strutture funerarie di eccezionale rilevanza come la tomba a camera nota come “Tomba del Capo” risalente al IV-III secolo a.C. costituita da una tomba a portico con camera sepolcrale sottostante.

Un motivo di grande interesse che potrebbe essere motivo di rendere questo territorio un laboratorio di buone pratiche è la notevole sensibilità oltre che di alcuni proprietari dei terreni, anche delle amministrazioni dei due comuni in cui ricade l’area protetta. In particolare Corchiano si sta distinguendo per una politica ambientale particolarmete attiva ed efficace, tanto da rientrare, come unico caso nel Lazio, nell’”Associazione Comuni Virtuosi Italiani” I motivi sono legati alla particolare efficacia di un progetto di raccolta differenziata porta a porta e la tutela del paesaggio anche attraverso l’istituzione di un piccolo Monumento Naturale che va a tutelare un primo tratto di un’altra forra di particolare rilievo naturalistico: il “Rio Fratta”. Nelle campagne che attraversa sono state infatti segnalate, in periodo riproduttivo, alcune altre specie di uccelli di particolare interesse, tra cui spiccano l’albanella minore, il biancone (Circaetus gallicus) e la ghiandaia marina (Coracias garrulus). Nel periodo invernale vi sono inoltre alcune segnalazioni di Lanario (Falco biarmicus).

 

›{M A P P A}‹

Come si raggiunge: da Roma prendere la Cassia Bis uscita per Nepi, seguire le indicazioni per Civita Castellana poi Corchiano, da lì sono presenti le indicazioni per l’area protetta. Oppure, sempre da Roma, prendere l’autostrada Roma - Firenze uscita Magliano Sabina. Da Viterbo seguire le indicazioni prima per per Vignanello, poi per Corchiano.

Ingresso: Contrada Cardelli s.n.c. - Corchiano

Aperta la domenica, secondo un calendario consultabile sul sito www.wwf.it o www.duemmemultimedia.it

 

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